Visita alla dimora storica “Villa Carboni”

Cultura e Bellezza

Visita alla Dimora Storica “Villa Carboni”

Un gioiello nascosto, nel cuore del quartiere di San Michele, una scoperta sorprendente anche per chi, come me, conosce abbastanza bene la città e la esplora da tempo con gli occhi di chi, nato fuori dell’isola, questa città ha imparato ad amarla sempre più.

E’ un sabato mattina autunnale, scaldato dal tiepido sole d’ottobre. In Via San Michele, al civico 60, al di là dell’antico portone campidanese, sormontato dallo stemma gentilizio della famiglia, oltre l’alto muro di cinta, ci attende il padrone di casa, Michele Carboni, presidente dell’Associazione Dimore Storiche Italiane (ADSI), sez. Sardegna. Su suo invito, il Club per l’UNESCO di Cagliari ha avuto l’opportunità di accedere a questa prestigiosa dimora storica, col privilegio di avere come Cicerone lo stesso proprietario, che tuttora abita qui, con la sua famiglia.

Il primo sguardo si apre sul grande giardino, che per circa 4.000 mq abbraccia l’edificio della villa, cui conduce il viale d’ingresso, pavimentato in mattoncini in cotto. Sul viale una statua in marmo, raffigurante Nettuno che, ci dice il proprietario, proviene da uno degli stabilimenti balneari, creati a Cagliari nell’800 dal suo antenato Don Michele Carboni. E’ da lui che partiamo, perché non si può parlare della villa senza ricostruire, a grandi linee, la storia della famiglia Carboni.

Fu proprio Don Michele, nobile cagliaritano, ad acquistare a metà dell’800 l’edificio del Convento degli Scolopi (risalente al XVII sec.), per farne il centro della sua azienda agricola. Ci troviamo di fronte ad un personaggio molto intraprendente, uno dei pochissimi imprenditori sardi dell’800. Basti pensare che a lui si deve l’apertura di una fabbrica di carri e carrozze, che impiegava più di 100 operai; l’apertura del primo stabilimento balneare in Sardegna, a Sa Perdixedda (1863); l’istituzione in città di ben tre teatri; l’impegno in società di trasporti, servizi postali, società minerarie e bancarie e, non ultimo, l’impegno in importanti cariche pubbliche.

Ma ciò che più ci interessa, per ricostruire la storia dell’attuale villa, è l’attività di agricoltore e allevatore, che Don Michele svolse nella sua amata tenuta dell’Annunziata (in sardo “S’Annunziada”). Il nome deriva dalla piccola cappella dell’ex-convento, tuttora presente al piano terra della villa. Al momento dell’acquisto Don Michele possedeva già la maggior parte dei terreni della zona. All’interno della tenuta, che si estendeva per circa 250 ettari tra Viale Monastir e Piazza S. Michele, esistevano, oltre alla villa, numerosi fabbricati agricoli, case di contadini, magazzini e stalle per ovini, bovini e per i cavalli, che trainavano le carrozze della società di noleggio, le diligenze del servizio postale e i tram a cavalli, che trasportavano i bagnanti da Piazza Yenne allo stabilimento balneare di Sa Perdixedda.

Nel vasto giardino rimangono diversi segni dell’attività di questa azienda: un imponente mulino ad acqua, le ex scuderie, in gran parte ricostruite; il capanno degli attrezzi; i resti di un’antica cisterna, il cui pavimento fa supporre un’origine romana, la ex casa del guardiano, che ci riporta all’edilizia “essenziale” delle dimore popolari.

Seguendo agilmente l’albero genealogico della famiglia, troviamo che la tenuta di S’Annunziada passò, nel ramo ereditario, in primo luogo al figlio primogenito di Don Michele (Michele anche lui), che all’inizio del ‘900 trasformò gli edifici dell’azienda agricola in case popolari, dando vita al primo nucleo del quartiere di S. Michele, conosciuto come “Case di Villa Carboni”. In un successivo passaggio ereditario, il figlio Giorgio, padre del nostro ospite, ereditò la villa, che amava tanto da decidere di farne la sua dimora principale. Fu lui a far demolire le fatiscenti “Case di Villa Carboni”, ubicate intorno alla villa e a costruire palazzi moderni, dando nuovo decoro al quartiere. All’interno di questo nucleo urbano la villa fu salvata ed oggi ne è proprietario il figlio di Giorgio, Michele appunto, il nostro Cicerone!

michele carboni
Michele Carboni

Ma continuiamo a vedere come si presenta oggi questa ex casa di campagna: il prospetto principale, di raffinata eleganza, è caratterizzato da due logge, con archi a tutto sesto ed è chiuso in alto da una decorativa balaustra traforata. Da segnalare all’intero, al piano terra, l’elegante ed ampio salone, che si affaccia sul giardino e corrisponde alla facciata principale; vi si ammira un grande camino, su cui campeggia un antico bassorilievo in marmo ed eleganti arredi. Sempre al piano terra di particolare interesse è la sala della cisterna, in cui è appunto presente una cisterna di probabile periodo romano, utilizzata ancora oggi per la raccolta dell’acqua piovana.

Ancora al piano terra, dal salone si accede a ciò che resta della piccola cappella dell’Annunziata e ad un’attrezzata cantina, con le sue botti originarie.

Salendo su per un’elegante scala in legno, frutto del restauro, si raggiunge al primo piano lo splendido “Salone degli stemmi”, che ci riporta al fasto del ‘700, con arredi di pregio, tra cui ricordiamo un antico grande specchio e un elegante cassettone, rifinito in foglia d’oro.

Prima di concludere, non possiamo dimenticare le leggende e gli aneddoti, che accompagnano questa antica villa: si racconta di flebili voci dei frati, che dall’antica cisterna, nelle giornate di pioggia, recitano il rosario e danno misteriose indicazioni per la ricerca di un fantomatico “tesoro”, da loro nascosto e ancora, accompagnati dal vento, i lamenti di Gnazieddu, figlio di un guardiano, un bimbo morto tragicamente, cadendo nel pozzo.

Suggestioni? Fantasia? Comunque fascino e mistero di una dimora, che merita di essere scoperta!  

Elisa De Rosa Campoli

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.