Armenia, culla di civiltà e spiritualità

La proposta della presidente del Club per l’Unesco di Cagliari di un viaggio culturale in Armenia è stata accolta da soci e amici con grande entusiasmo e con un certo timore reverenziale: le vicende di questa terra martoriata erano presenti nei cuori di tutti, così come il desiderio di riscoprire un pezzo di storia dimenticata.

Il popolo armeno, nel corso della sua storia, conobbe una travagliata alternanza di periodi di pace e conflitti sotto dinastie e governi diversi e ha dovuto interagire con i Romani, i Bizantini, gli Arabi, i Turchi, i Persiani, i Russi e gli Ottomani. Tuttavia è riuscito a conservare la propria fede e la propria lingua che , in quanto elementi fondanti del sentimento di indipendenza e del mantenimento del carattere nazionale, hanno contribuito in maniera decisiva a mantenere intatto il senso di appartenenza alla cultura delle origini. Non dimentichiamo che la nazione armena fu la prima, nel 301 d.C., a riconoscere il cristianesimo come religione di stato: la religione cristiana ha consentito agli armeni di contrastare il credo dei dominatori islamici, ed è per questo che hanno difeso questo primato costruendo molte chiese e molti monasteri fortificati, anche a salvaguardia della loro cultura.

Negli anni dal 1894 al 1896, in quella parte della Turchia dove si erano rifugiati gli armeni della prima grande diaspora, il sultano Abdul Amid II scatenò contro di loro i curdi e i circassi, che compirono orrendi massacri in cui perirono più di centomila persone. Non ci furono reazioni serie da parte delle potenze europee che, nel timore di alterare gli equilibri politici del tempo, condannarono lo sterminio ma non risolsero il problema. L’Armenia, nel periodo successivo, si trovò stretta tra Russia e Turchia, le cui mire espansionistiche confliggevano fra loro.

Nel corso della prima guerra mondiale gli armeni strinsero un patto di collaborazione col partito dei “Giovani Turchi”, capeggiati da Ataturk, ma questi, una volta giunti al potere, nel 1915 e negli anni successivi , decisero di eliminare la popolazione armena – un milione e mezzo di persone- che viveva nei territori della Turchia. I libri di Franz Werfel, scrittore austriaco, e di Antonia Arslan, di origini armene, raccontano le tristissime vicende del Genocidio armeno. La Turchia, ancora oggi, respinge il riconoscimento del Genocidio e minaccia di incriminazione a norma del Codice Penale chiunque si permetta di rivelare i fatti accaduti.

Dal 1922 al 1991 il Paese fece parte delle Repubbliche Socialiste Sovietiche Transcaucasiche.

La regione del Nogorno Karabakh passò sotto il controllo dell’Arzebaijan, scatenando un conflitto di rivendicazione territoriale. La regione è abitata per il 75% da armeni, che si ribellarono chiedendo di riunirsi all’Armenia. La guerra fu lunga e feroce e perdurò fino al 1994 quando, con l’accordo di Biskek, si arrivò a stabilire il “cessate il fuoco”. Venne autoproclamata la Repubblica del Nagorno Karabatkh, non ancora riconosciuta a livello internazionale. La tregua è stata più volte violata e , falliti i tentativi di negoziati, sono stati chiusi i confini con l’Arzebaijan . Restano chiusi anche i confini con la Turchia.

L’Armenia in epoca sovietica era una delle repubbliche più altamente industrializzate, ma oggi abbiamo visto decine e decine di impianti industriali smantellati che mostrano un panorama di sfacelo intorno alla capitale, Yerevan, e ad altre città. Dopo la caduta del regime sovietico c’è stato il prevedibile tracollo dell’economia , resa ancora più precaria dal terremoto del 1988 e dai conflitti per la sovranità del Nagorno Karabakh. L’Armenia è molto povera e per dotare il Paese di strade e infrastrutture essenziali e per rilanciare l’economia, ha chiesto l’intervento del Fondo Monetario Internazionale. Altri aiuti, soprattutto americani, sono molto generosi , e sono notevoli le rimesse e gli investimenti degli armeni della diaspora.

La Repubblica d’Armenia, nata nel 1991 a seguito di libere elezioni, continua ad avere nella Russia il principale partner economico: le esportazioni consistono principalmente in agroalimentari. Il Turismo, la produzione di cotone, la lavorazione dei diamanti, le industrie tessile , meccanica, metallurgica e chimica sono in netta ripresa .

Il clima politico resta fortemente emblematico. Il primo ministro Sargsyan, al potere da 10 anni e che aveva appena provato a restarci con una manovra autoritaria, dopo grandi manifestazioni di protesta ( “Rivoluzione di velluto”)alle quali hanno partecipato migliaia di persone, è stato costretto a dimettersi. Il fatto è avvenuto il 23 aprile 2018, su richiesta di Nikol Pashinyan, del partito liberale di opposizione. Nikol Pashinyan , però, non ha raggiunto la maggioranza parlamentare e quindi il partito di Sargsyan non gli ha permesso di andare al governo.

Situazione al 1° novembre : l’Assemblea Nazionale ha respinto nuovamente la candidatura di Pashinyan alla carica di capo del Governo . Sargsyan ha firmato un decreto sullo scioglimento del Parlamento e ha indetto nuove elezioni legislative, previste per il 9 dicembre 2018.

La Repubblica di Armenia ha poco meno di 30.000 kmq. e non raggiunge i tre milioni di abitanti. Si estende su un altipiano, con un’altitudine tra i 1000 e i 1800 metri, percorso da catene di origine vulcanica che superano in più punti i 3.000 metri . E’ situata al centro della regione caucasica e confina con la Georgia, l’Arzebaijan, l’Iran e la Turchia. Gli armeni, non avendo il loro Paese sbocchi sul mare, hanno attrezzato delle stazioni balneari sulle rive del lago Sevan, luogo di villeggiatura a quasi 2.000 metri di altitudine. L’Armenia ospita anche circa 35 mila curdi yazidi, insediati nelle regioni caucasiche meridionali più di un secolo fa, che praticano una particolare religione, nota come lo “yazidismo”. Sono la più grande minoranza etnica del Paese. Unico e interessante il loro vecchio cimitero, con sagome di animali tra le quali si rincorrono frotte di bambini .

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Maria Luigia Muroni Mastinu